Opere d’arte
contemporanea dalla piattaforma creativa sui temi ambientali We Are the Flood di
MUSE – Museo delle scienze Trento
a cura di Stefano
Cagol
Eugenio Ampudia (ES), Saverio Bonato
(IT), Stefano Caimi (IT), Hannes Egger (IT), Nezaket Ekici (DE/TK), Micol
Grazioli (IT), Elena Lavellés
(ES), Silvia
Listorti (IT), Mary Mattingly (US), Philipp Messner
(IT/DE), Giulia Nelli (IT), Hannah Rowan (UK), Giacomo Segantin
(IT), g. olmo stuppia (IT)
Castel
Belasi, Campodenno (Trento)
11
giugno – 29 ottobre 2023
L’approccio
visionario dell’arte e quello anticipatore della scienza
s’incontrano per immaginare futuri desiderabili a Castel
Belasi nella mostra “Come pioggia” a cura di Stefano Cagol,
direttore artistico del castello, realizzata in collaborazione
con il MUSE – Museo delle Scienze di Trento e nata dalla
piattaforma creativa del museo sulle questioni ambientali “We Are the Flood | Noi siamo il diluvio”, tra
le prime nel suo genere in Italia, già celebrata in un libro.
L’acqua è al tempo stesso una delle risorse più
importanti e l’elemento principale attraverso quale percepiamo e
percepiremo gli effetti del cambiamento climatico: andando dalla
siccità e alle inondazioni, dall’innalzamento dei mari alla
sparizione dei ghiacci. Al contempo l’abbondanza d’acqua può
rappresentare per noi un’alleata o una nemica: ci troviamo
sempre più spesso a invocare la pioggia e poi, tutto d’un
tratto, a fuggire dalla sua impetuosità. Siamo allarmati se
l’acqua di un corso d’acqua o un lago si abbassa, ma, appena il
livello torna alla normalità, ci dimentichiamo di tutto. Questi
fenomeni confondono con il loro carattere incostante, mutevole,
vischioso, come spiega il filosofo anglo-americano Timothy
Morton, ma il linguaggio universale dell’arte può tentare
d’innescare nuovi pensieri.
A farci riflettere su questi temi dell’oggi, in
mostra per “Come Pioggia” nel medievale Castel Belasi ai piedi
delle Dolomiti, in dialogo con gli antichi affreschi dell’ultimo
piano, dall’11 giugno a fine ottobre sono una quindicina di
opere d’arte contemporanea tra video, sculture e installazioni,
di artisti italiani e internazionali, sia consolidati che
emergenti. Sono lavori recenti e recentissimi, in alcuni casi
inediti, altri già presentati alle biennali in giro per il
mondo, che sapranno spingere i visitatori a interrogarsi e
attivare molteplici livelli di lettura, mantenendo un grande
fascino estetico ed evocativo.
Apre la mostra “Come Pioggia” l’opera “Lacrima”
dell’artista americana Mary
Mattingly (USA, 1978), più volte acclamata dal New York
Times. È il risultato della sua permanenza a Trento lo scorso
dicembre come primo artista in residenza di MUSE, durante la
quale si è confrontata con gli scienziati del museo e con il
territorio, decidendo di creare una sorta di orologio ad acqua
che scandisce simbolicamente la fusione dei nostri ghiacciai.
Prodotto da MUSE e qui presentato in mostra per la prima volta è
il video dell’intensa performance dell’artista turco-tedesca Nezaket Ekici
(Turchia, 1970) presso le palafitte del Lago di Ledro, una
sequenza di azioni e posizioni scultoree
come allegoria della distanza che abbiamo preso dall’ambiente. L’opera del giovane g. olmo stuppia
(Milano, 1991) è stata realizzata come programma collaterale del
Padiglione Italia all’ultima Biennale d’arte di Venezia, mentre
quella di Eugenio
Ampudia (Spagna, 1958), tra i maggiori artisti spagnoli, è
stata pensata nel 2020 per la Biennale di Cuenca e presenta un
cambio di paradigma: in “Concierto para el Bioceno”, vediamo un
quartetto d’archi che suona di fronte a un pubblico di duemila
piante, noi al servizio della natura. Stefano Caimi (Merate,
1991) in “Phytosynthesis” usa un
software personalizzato per rileggere forme botaniche in
immagini super-reali di fiori. Come simbolo di artificialità Philipp Messner (Bolzano, 1975)
prende i cannoni da neve, che usa per generare una pioggia
ghiacciata irreale, perché addizionata di colorante alimentare,
innocuo per l’ambiente, ma causa di una spiccata colorazione del
manto nevoso, come a rendere inequivocabile il nostro impatto.
Una pioggia nera è all’origine del monocromo nero di Saverio Bonato (Schio,
1991), che ha lasciato la tela all’esterno durante una residenza
d’artista a Taranto per trovarla impregnata dall’inquinamento
dell’acciaieria Ilva. Tra il nero e l’oro l’ipnotico fluido di Elena Lavellés (Spagna, 1981),
che ha mischiato oro, petrolio e carbone, quali elementi alla
base della società occidentale. Nubi sono protagoniste
dell’opera video di Giacomo
Segantin (Abano
Terme, 1995), che mixa temporali, esplosioni ed esperimenti
ridicoli da YouTube, tra reale e fake, tanto che il fumo fumo
diviene così metafora della nostra difficoltà di comprendere la
complessità degli eventi in cui siamo immersi. Attraverso
un’installazione site-specific, Giulia Nelli (Legnano, 1992) sembra penetrare tra radici di piante come
acqua, per evocare l’idea d’interconnessione propria del mondo
naturale. D’interazione parla anche l’opera di Micol Grazioli (Trento, 1989), che
espone un disegno monumentale,
compiuto attraverso una performance partecipativa lo scorso anno
al MUSE di Trento, sempre nell’ambito della piattaforma “We Are
the Flood”. Nelle sculture di vetro di Silvia Listorti (Milano,
1987), calchi di torsi umani, coincidono trasparenza e opacità,
fragilità e durezza, nell’evocare il legame del vetro (e di noi
stessi) con l’acqua. Hannes
Egger (Merano, 1981)
mostra un bivacco d’alta montagna, rifugio per antonomasia, che
galleggia sull’acqua della laguna, facendo immaginare
scenari d’inondazioni e di un abnorme innalzamento dei mari fino
alla cima delle Alpi, fino a travolgere quelli che consideriamo
i nostri rifugi sicuri. Nuda, sola, inerme,
su un iceberg che galleggia al largo dei mari della Groenlandia
è, infine, Hannah Rowan (Brighton, UK,
1990) nella grande video proiezione al centro della
mostra.
Aggrappata all’ultimo pezzo di ghiaccio del pianeta per
ricordarne l’importanza, o dedita ad abbracciarlo per curarne
l’esistenza? Di certo un’opera, e una mostra, che non
mancheranno di far pensare sull’oggi e sul domani attraverso il
linguaggio universale, profondo e splendido dell’arte
contemporanea.
+ PROJECT ROOM: Come Pioggia. Generazione Antropocene
Il
percorso espositivo “Come pioggia” prosegue nella project room
all’interno della Sala delle Decime del maniero a
piano terra. Qui il sottotitolo è “Generazione Antropocene”,
tenendo conto che gli studiosi con il termine Antropocene
indicano l’era dell’impatto dell’essere umano sul pianeta. In un
momento storico in cui i giovani esasperati per la crisi
climatica si spingono a gesti attivisti all’interno dei musei,
MUSE e Castel Belasi coinvolgono artisti giovanissimi e
s’interrogano sul ruolo che i luoghi di cultura devono avere
nell’aiutare a immaginare possibili domani. «Per
noi musei si tratta di un richiamo a occuparci dei problemi
rilevanti e attuali della nostra società, e operare non solo
come qualificati custodi dei patrimoni del passato, ma anche
come credibili laboratori di un pensiero rivolto al futuro»,
afferma Michele Lanzinger, direttore del MUSE.
Protagonisti in questa sezione della mostra
sono quindici italiani under 35, tra artiste e artisti e
curatori, che hanno preso parte alla masterclass di We Are the
Flood, tenuta lo scorso
novembre al MUSE dalla storica dell’arte newyorchese Julie Riess (US), già direttrice del
master in arte moderna e contemporanea di Christie's a New
York. Si
stanno affacciando con molta convinzione al mondo dell’arte
partendo da diversi punti di vista, posizioni e ruoli, e sono
Eleonora Ambrosini, Eduardo De Maio, Francesca Fattinger, Pamela
Frasson, Angela Fusillo, Marco Gentilini, Nicoletta Grillo, Lisa
Guerra, Angela Miceli, Paola Monardo, Isabella Nardon, Jacopo
Noera, Leonardo Panizza, Edoardo Spata, Maria Chiara Wang.
Esposte sono una decina di opere che includono un
lungometraggio, un’installazione, lavori che utilizzano le
parole e altri che sperimentano l’uso dell’intelligenza
artificiale, oltre a una serie di loro testi teorici, già
raccolti all’interno della pubblicazione dedicata al progetto di
MUSE da cui origina la mostra, “We Are the Flood”.
La piattaforma “We Are the Flood | Noi siamo il diluvio” di
MUSE, ideata e curata da Stefano Cagol, avviata lo scorso
anno, si basata su multidisciplinarietà e contaminazione e aspira a radicare un noi
condiviso per creare una nuova consapevolezza, avvalendosi del
linguaggio universale dell’arte e della sua capacità di tradurre
questioni sempre più complesse. Dopo i progetti espositivi a
Palazzo delle Albere e negli spazi archeologici della Tridentum
Sotterranea a Trento, quella a Castel Belasi è la “mostra
liquida #3” di “We Are the Flood”, anch’essa sviluppata in
luoghi che affondano nel passato della cosiddetta era
dell’impatto dell’essere umano, l’Antropocene. Le "mostre
liquide" sono esposizioni agili, per scelta consapevole a basso
impatto e a basso costo. L’esperienza del primo anno di “We Are
the Flood” è raccontata in un libro pubblicato da Postmedia e
presentato al Salone del libro di Torino 2023.
Progetto realizzato con il supporto di IBSA
Foundation for scientific research. Si ringrazia DAO
COOPERATIVA.
CASTEL BELASI
campodenno (trento) val di non
+39.348.7081417 info@castelbelasi.it
monumento storico e sede
espositiva con sezioni d'arte contemporanea e fotografia di
proprietà del Comune di Campodenno
historical heritage and gallery with sections of contemporary
art and photogrphy owned by the municipality of Campodenno